Pezzi unici_cofanetto di Guala Bicchieri

COFANETTO DEL CARDINALE GUALA BICCHIERI
1220 – 1225
Rame traforato, sbalzato, cesellato, inciso e dorato; smalto champlevé; paste vitree; legno di noce con incamottatura di gesso e colla su garza di cotone, poi rivestita di gommalacca marrone.

Il cofanetto è stato identificato come uno dei due «cophini de opere Lemovicensi» compresi tra i tesori che Guala Bicchieri donò all’abate di S. Andrea Tommaso Gallo nel 1224. I dubbi sulla sua autenticità, o sulla possibilità di trovarsi di fronte ad un rimaneggiamento Ottocentesco, sono venuti scemando negli ultimi annidopo il restauro del 2000 e dopo le analisi chimiche sui medaglioni condotte dalle Università di Torino e del Piemonte Orientale nell’ambito del progetto Memip (Medieval Enamels, Metalwork and Ivories in Piedmont).
Camillo Leone acquistò il cofanetto nel 1883, per la cospicua cifra di 8.000 lire, dall’antiquario milanese Samuele Subert, anche se l’acquisto avvenne a Vercelli nella bottega di Marco Segre, cugino di quest’ultimo e anch’egli antiquario, al termine di una trattativa già 1881. Seppur prodigo di dettagli sui propri acquisti, Leone non informa sulle ragioni che lo spinsero all’ingente spesa e pertanto non sappiamo se ad attirare la sua attenzione fu una mera valutazione del pregio artistico o il sospetto della provenienza del manufatto dal tesoro di Guala Bicchieri. Questa seconda ipotesi non è da escludere visto il rapporto di confidenza tra Leone e la famiglia Mella, allora rappresentata dal conte Edoardo, che, proprio tra il 1881 e il 1883, si confrontò con alcuni intellettuali tedeschi sui medaglioni smaltati che ornavano la cassa (oggi al Museo Civico di Arte Antica – Palazzo Madama di Torino) contenente le spoglie di Guala e donata al padre Carlo Emanuele dall’Arcivescovo Grimaldi in seguito al suo rinvenimento in S. Andrea durante i lavori di restauro del 1822.
I 15 medaglioni in rame dorato réservé incisi su sfondo di smalto blu che decorano il cofanetto, tanto sulla cassetta quanto sul coperchio a tronco di piramide, presentano incisioni più sommarie rispetto ad altri manufatti limosini coevi. Ad eccezione di quello che raffigura San Gerolamo e il Leone (e che potrebbe quindi essere il singolo frutto di una ricomposizione, seppur eseguita attraverso un medaglione autentico) tutti presentano soggetti profani, legati ai temi della caccia, della cavalleria, dell’amor cortese: un cavaliere che combatte un drago, un arciere, un suonatore di corno, un falconiere, un cervo assalito da un felino, un cacciatore che colpisce un leone, una scena cortese raffigurante una coppia e una figura maschile a cavallo di un toro; due si rifanno al ciclo dei mesi (le allegorie dei mesi di febbraio e aprile); la scena raffigurante due lottatori seminudi sembra invece rimandare al tema del “duello giudiziale”, ben vivo nell’iconografia dei secoli centrali del Medioevo.
Arricchiscono e completano la decorazione del cofanetto: borchie circolari in rame dorato tra i medaglioni; cantonali incisi, raffiguranti, quelli inferiori draghi, quelli superiori quattro coppie di stemmi araldici; una notevole serratura con battente a forma di rettile che si incastra su di una piastra circolare composta da due leoni rampanti realizzati a sbalzo e traforo che lo avvicina senza dubbio al “fratello maggiore” di Torino.