#iorestoacasa21

Lex Tappula



Lamina bronzea incisa, fine II sec. a.C., da Vercelli, via Gioberti, cortile del Collegio delle Orfane (1882), fra i resti di un edificio romano.
E’ l’unico prezioso documento rimastoci di quelle “leges convivales” di cui si ha notizia da un testo di Festo, che a sua volta riporta un cenno alla medesima legge presente in Lucilio, parlando di una giocosa poesia chiamata Lex Tappula, scritta da certo Valerius Valentinus, vissuto nel II secolo a.C.. Il testo vercellese è reso parodiando i canoni della legislazione pubblica romana, nello specifico di una prescriptio redatta nelle forme proprie dei plebisciti. Utilizzando una onomastica scherzosa e di pura fantasia, nel testo sono riportati: la denominazione della legge (Lex Tappula), il nome del magistrato proponente (Tappo), il nome dei suoi colleghi (M. Multivori, P. Properoci[bi][---M. Me]ronis), il luogo e la data di approvazione della legge da parte del popolo romano (nei dintorni del tempio di Ercole; undici giorni prima le calende di Undecembre; nell’undicesima ora della notte); l’indicazione della tribù chiamata per prima a votare (Satureia). In assenza del testo vero e proprio della legge, il carattere fortemente conviviale è evidenziato non solo dal titolo, inventato dal poeta e poi rimasto in uso per designare leggi conviviali – tramite le quali circoli di ghiottoni, come quello vercellese in questione, regolavano i tempi e modi del mangiare in abbondanza e in fretta- ma anche dai nomi allusivi ai divertimenti derivanti dai piaceri della tavola (Tappus=buffone) o agli eccessi del bere e del mangiare (Multivorus e Properocibus). Si motiva così anche il finto nome del distretto amministrativo, la tribù Satureia, come pure l’indicazione del momento di rogazione della legge, il quinto giorno dei Saturnali, dal momento che corrispondeva ai giorni in cui erano celebarte le grandi feste carnevalesche dell’antichità, nel mese di dicembre.  Lo stile della Lex Tappula evidenzia che fu redatta da un uomo esperto di lettere e legislazione e rimane una suggestione l’ipotesi che l’edificio dove fu rinvenuta fosse proprio la sede dei ghiottoni vercellesi.